APPROCCIO PSICOLOGICO AI DISTURBI SESSUALI NEL MILOLESO

La disabilità porta inevitabilmente ad uno sconvolgimento della vita e della cultura sessuale: basti pensare alla perdita del senso di virilità nell’uomo e a quello dell’attrazione fisica e della maternità nella donna.

Lo stress emotivo e la depressione, la ridotta autostima e la sensazione di non essere fisicamente attraenti possono compromettere le relazioni sociali e sessuali dell’individuo. La consapevolezza della propria inadeguatezza sessuale può essere aggravata sia dall’atteggiamento negativo e dai pregiudizi delle altre persone, sia dal punto di vista dello stesso ammalato, relativamente alla sua condizione di disabile.

Nel mieloleso dobbiamo distinguere due tipi di handicap in campo sessuale:
1) Quello direttamente collegato alle conseguenze fisiche della lesione (problemi di funzionalità degli organi sessuali);
2) Quello che in conseguenza della disabilità determina una disturbata immagine di Se che interferisce sulla vita affettiva e sessuale.

I primi studi che si sono occupati di sessualità nelle lesioni midollari hanno descritto la questione in termini di disfunzioni dei genitali (in relazione al livello della lesione) ed era quindi tutto esaminato nei termini di: erezioni, rapporti e fertilità.

In questi ultimi anni invece vi è stato un maggiore interesse per gli aspetti propriamente psicologici della sessualità in quanto si è rilevato che, al di la dei problemi propriamente funzionali, i soggetti con handicap spesso possono incontrare vere e proprie difficoltà sul piano emotivo e relazionale.

Questi due aspetti si intrecciano in modo così profondo, creando poi problemi funzionali di incerta eziologia che è spesso difficile stabilire quanto sia prevalente la componente organica o psicologica.

Se pensiamo agli inconvenienti rappresentati dalle possibilità di fughe di urina durante il rapporto o, peggio, dall’insorgenza in alcuni mielolesi di una crisi disreflessica autonomica, ci rendiamo conto di quanti problemi, organici e psicologici, il paziente è costretto ad affrontare.

Possono esservi casi, piuttosto frequenti in ambito andrologico, dove il sintomo viene adoperato per permettere al paziente di formulare una richiesta di presa in carico psicologica.

Esistono persone per le quali l’idea di un approccio psicoterapeutico non è proponibile, ma che allo stesso tempo avvertono un bisogno forte di un lavoro sul proprio Sè.

In questo caso è possibile che la ricerca di una maggiore adeguatezza sessuale altro non è che una “metadomanda” dove sono in gioco problemi legati all’immagine di Sè.

Bisogna insomma ricordare che non c’è altro ambito, come quello sessuale, in cui si catalizzano problematiche di natura nevrotica.

Negli adolescenti sembra che l’handicap sessuale sia strettamente correlato all’ambiente familiare ed all’autostima, ancora più che alla severità della disabilità.

L’handicap sessuale si fa sentire nei disabili in misura tanto maggiore quanto più è bassa l’età di insorgenza della lesione.

A parità di disabilità l’handicap sessuale si presenta generalmente in modo diverso nell’uomo rispetto alla donna.
Il maschio disabile è preoccupato principalmente per il fatto di non avere più erezioni e, “quindi”, non potere soddisfare sessualmente la propria partner. Infatti non è rara la richiesta di potere provocare artificialmente l’erezione anche in assenza di piacere soggettivo o addirittura in presenza di dolore.

Nel sesso femminile una delle preoccupazioni maggiori riguarda la possibilità di non essere più attraente e di non suscitare più l’interesse sessuale dell’uomo.

La donna risulta più penalizzata rispetto all’uomo in quanto maggiormente vittima di stereotipi culturali che le impongono un atteggiamento più morigerato, o quanto meno riservato sulle questioni sessuali.

Nelle strutture ospedaliere, affermano alcuni autori, le donne, contrariamente ai soggetti di sesso maschile, esitano a richiedere informazioni, e anche nella letteratura scientifica vi sono molti lavori che parlano dei problemi di erezione, eiaculazione nel maschio, e pochi che, al di fuori dei problemi della gravidanza, trattano della sessualità femminile.

Al grave colpo che la donna subisce all’immagine di Sè si aggiunge quello di dovere essere passiva durante il coito, di essere preoccupata per un’eventuale gravidanza, di avere difficoltà di gestione della casa, di sentirsi di peso oppure di dover passare molto tempo da sola e rischiare di sviluppare una sintomatologia di tipo depressivo.

E’ anche vero che rispetto al maschio, la donna ha maggiore facilità nell’accettare un tipo di sessualità che non contempli soltanto una serie in escalation di atti che vanno dal petting alla penetrazione.

In mancanza di una sufficiente sensibilità nella regione genitale le donne con lesione spinale possono essere guidate a scoprire zone erogene in altre parti del corpo, ad avere l’orgasmo come risultato della stimolazione mammaria o dei capezzoli oppure attraverso l’uso di fantasie.

Attraverso l’uso di queste possibilità le donne con lesione spinale possono vivere gli orgasmi con lo stesso piacere rispetto al periodo precedente al trauma. Questi orgasmi sono spesso descritti nella letteratura come “fantomatici” o “mentali”, ma questo, afferma Stein (1992), sembra rispecchiare di più il punto di vista dell’operatore piuttosto che descrivere la qualità di questi orgasmi.

Gli uomini sono tradizionalmente, e forse biologicamente, più dipendenti dalle funzioni sensoriali genitali per arrivare all’orgasmo o per avere comunque una forma soddisfacente di piacere sessuale.

In generale, i fattori principali nel mantenimento di una soddisfacente vita sessuale, sono rappresentati da:

1) la convivenza con un partner disponibile a modificare il repertorio erotico adattandolo alla nuova situazione;
2) l’appartenenza ad una famiglia (o ad un ambiente sociale) non repressivo nei confronti della disabilità e del sesso;
3) un’autostima non eccessivamente compromessa congiuntamente ad una buona immagine di sé come individui ancora in grado di avere delle relazioni sessuali soddisfacenti per sè e per il partner; è particolarmente importante, soprattutto nella donna, ma anche nell’uomo, la consapevolezza di essere ancora in grado di attrarre sessualmente il partner.

Da quanto si è visto la genesi multifattoriale delle disfunzioni genito-sessuali richiede di necessità un approccio terapeutico integrato, che valorizzi le possibilità i cambiamento sui fronti biologico, psicoemotivo e relazionale.

Per quanto riguarda l’eventualità di “disturbi del desiderio”, va precisato che i pazienti con lesione midollare hanno gli stessi desideri sessuali di tutte le altre persone.

Da questo punto di vista possiamo dire che l’unica differenza che li distingue dalle altre persone è in un disturbo di connessione tra la parte bassa del corpo, inclusi gli organi genitali, e i centri di controllo superiori.

Così quando incontriamo disturbi del desiderio sessuale in questi soggetti spesso è perchè questi vivono in una società che cerca di desessualizzare certi gruppi di individui, come i più anziani o gli handicappati fisici.

Anche il problema, come sopra accennato, di una disturbata immagine di Se è spesso alla base di una caduta del desiderio.

La riabilitazione sessuale del mieloleso

La riabilitazione sessuale del paziente deve essere preceduta da un’accurata valutazione che dovrà essere condotta secondo gli schemi consueti di un’indagine clinica che, come affermato da Zanollo e coll. (1983), possono essere così sintetizzati:

  1. la funzione sessuale prima della lesione – (storia della propria vita, storia sessuale ecc.);
  2. la funzione sessuale attuale – (valutazione fisica del problema, cioè il grado di autonomia motoria raggiunta, il grado di autosufficienza per la cura di sé e per le funzioni vescicali ed intestinali);
  3. le aspettative future e le caratteristiche della relazione tra i partners.La vera fase riabilitativa dovrebbe innanzitutto contemplare una fase INFORMATIVA sull’anatomia e fisiologia sessuale e sulle conseguenze della disabilità per la funzione sessuale.

Successivamente vi possono essere le fasi di VERIFICA individuale e relazionale e di SPERIMENTAZIONE di nuove tecniche sessuali.

In queste fasi il soggetto può prendere conoscenza delle possibilità del proprio corpo ricercando metodi e sedi per ottenere un piacere ed un eccitamento sessuale.

Se l’erezione è parziale possono essere studiati metodi per incrementarla; se invece l’erezione è impossibile vanno studiate scelte alternative come molte varietà di stimolazione manuale, orale o oro-genitale. La coppia può scegliere di imparare tecniche di masturbazione reciproca utilizzando il proprio corpo oppure degli oggetti.

In tutte queste fasi è importante che vi sia una valorizzazione ed uno scambio reciproco delle singole esperienze da parte di ognuno dei due partners anche in presenza di un terapeuta sessuale.

Lo scambio di informazioni fra i partners sulle sensazioni piacevoli può incrementare la reciproca esplorazione sopra menzionata.

Dott. Daniele Molho psicologo psicoterapeuta, sessuologo Magenta.

Bibliografia

Courtois F.J. ed altri (1993), “Sexual function in spinal cord injury man”, Paraplegia (31), 771-784.
Kreuter M. e coll., “Sexual adjustment after spinal cord injury (SCI). Focusing on partner experience”, Pareplegia (32), 225-235.
Siosteen A. e atri, “Sexual ability, activity, attitudes, and satisfaction as past of adjustment in spinal cord subjects”, Paraplegia (28), 285-295.
Stein R. (1992), “Sexual dysfunction in the spinal cord injuryed”, Paraplegia (30), 54-57.
Zanollo A. e Colpi G.M. (1983), “Sessualità e procreazione nel medulloleso”, Cofese Edizioni, Palermo.

Riportiamo una lettera scritta da una persona paraplegica che in seguito alla lettura di questo articolo ha voluto raccontare la sua esperienza. L’autore per ovvi motivi deve restare anonimo, ma siamo grati per questo contributo che ci permette di cogliere dal vivo quali problemi sessuali il soggetto mieloleso si trova a dovere affrontare. 

Di seguito il contenuto della lettera:

“Salve Daniele, ho letto con interesse il tuo articolo, sono paraplegico dal 19.., ho … anni.

Ho perso la possibilità di masturbarmi a … anni, nella mia piena esplosione ormonale, e questo ha secondo me  condizionato tutta la mia vita.

Sono stato una specie di esploratore del piacere, ho cercato ogni sfaccettatura della mia anima per ricevere un emozione.

Un vampiro emozionale, dal voyeur al bdsm.

La cosa che mi manca di più e’ il potermi masturbare, il potermi scaricare, il potermi dare piacere, del sano onanismo.

I medici riducono il problema a darti una pillola, ma se non puoi sentire nulla.

Nella mia fattispecie anche la pillola mi da disriflessia.

Mi sono sempre sentito Don Chisciotte contro i mulini a vento, inseguendo un piacere che non esiste, cosciente di questo, ma non posso fare a meno che inseguirlo, e’ nella mia natura 😊.

Volevo solo condividere, il tuo articolo e’ interessante, mi manca appunto quella sfumatura dove il paziente non sente nulla, e se non sente nulla, e nulla orgasmo, glielo puoi far venire duro come il muro, ma continua a non sentire nulla. La non sensibilità sembra che non sia contemplata 😊.

Anche la donna, ma chi lo dice che può avere degli orgasmi come prima? Delle folli 😊

Spero di aver fatto cosa gradita nel condividere la mia personale esperienza.

Ho partecipato ad un progetto per la sessualità dei disabili ed adesso ho in mente di farne uno mio, cercando di cogliere l’essenza della sessualità nelle persone con lesione midollare, secondo il mio modesto punto di vista.

Un saluto.”